(Adnkronos) – In tema di acceso alle cure, i farmaci equivalenti non solo hanno abbassato i costi, ma hanno anche aumentato la produzione di terapie per malattie croniche e gravi. Gli equivalenti sono sempre più essenziali per la cura delle patologie croniche complesse: nel 2023 il 70% dei volumi dei farmaci oncologici e antidiabetici commercializzati in Europa sono medicinali equivalenti. E' quanto emerge dal report di Osservatorio Nomisma per Egualia 'Il sistema dei farmaci equivalenti in Italia 2024', presentato oggi a Roma. Relativamente alle carenze, negli ultimi 5 anni la mancanza di farmaci è diventata un problema crescente, con l'Italia particolarmente colpita. Quasi il 10% dei farmaci mancanti – evidenzia il report – non ha alternative terapeutiche disponibili, evidenziando la necessità di soluzioni strutturali. I farmaci equivalenti giocano un ruolo cruciale nel mitigare tale criticità, garantendo la disponibilità di alternative per l'80% dei farmaci a rischio. Le 45 imprese produttrici di farmaci equivalenti in Italia godono di buona salute: i loro ricavi medi sono saliti da 49 milioni di euro nel 2018 a 63 milioni di euro nel 2022, segnando una crescita del 29%. Parallelamente, l'occupazione media è aumentata, passando da 92 a 104 dipendenti. D'altro canto, le aziende produttrici di farmaci non equivalenti, pur vantando ricavi medi significativamente superiori rispetto alle prime, hanno sperimentato una crescita meno accentuata negli ultimi 5 anni. I loro ricavi medi, circa il doppio rispetto a quelli delle imprese di farmaci equivalenti, hanno registrato un incremento del 18%, inferiore di oltre 10 punti percentuali rispetto al tasso di crescita delle imprese produttrici di farmaci equivalenti. E' quanto emerge dal report di Osservatorio Nomisma per Egualia 'Il sistema dei farmaci equivalenti in Italia 2024', presentato oggi a Roma. L'analisi dell'andamento del numero medio di dipendenti nelle aziende farmaceutiche che non producono farmaci equivalenti – si legge – non evidenzia alcun segnale di crescita. Al contrario, si osserva una lieve contrazione negli ultimi 2 anni: il numero medio di dipendenti per azienda è infatti diminuito, passando da 161 nel 2020 a 158 sia nel 2021 che nel 2022, segnando una tendenza lievemente negativa nel periodo considerato. Dal 2009 al 2023, le vendite di farmaci equivalenti hanno registrato un aumento del 130% in termini di volumi e del 182% in termini di valore. Parallelamente, i farmaci ancora sotto brevetto hanno subito un drastico calo, con una riduzione delle vendite del 70% in termini di confezioni e del 69% a valore, determinando una perdita complessiva pari a 6,2 miliardi di euro.Queste dinamiche – si legge – hanno determinato una significativa ridefinizione delle quote di mercato: i farmaci coperti da brevetto, che nel 2009 rappresentavano il 49% delle confezioni vendute e il 70% delle vendite a valore, nel 2023 incidono solo per il 15% sui volumi complessivi e per il 28% sul valore totale delle vendite. Di conseguenza, i farmaci 'branded off patent' e gli equivalenti hanno visto un significativo aumento delle loro quote di mercato: i primi sono passati dal 38% al 53% in termini di volumi e dal 23% al 48% in valore; i secondi hanno incrementato il proprio peso dal 14% al 32% in volumi e dal 7% al 24% in valore. Non è tutto: in relazione al solo segmento dei farmaci off patent – evidenzia il documento – si è osservata una progressiva erosione delle quote di mercato detenute dai farmaci di marca a favore dei farmaci equivalenti. Rispetto al 2009, la presenza degli equivalenti è cresciuta di 11 punti percentuali nei consumi a volumi e di 12 punti percentuali in valore. Tale fenomeno deriva, da una parte, dalle progressive scadenze brevettuali nel tempo e, dall'altra, dal fatto che i cittadini stiano mano mano riconoscendo i farmaci equivalenti come valida alternativa ai farmaci di marca non più coperti da brevetto. Nonostante la diffusione dei farmaci equivalenti in Europa, in Italia il mercato degli equivalenti stenta ancora a ritagliarsi una significativa quota. La penetrazione degli equivalenti è spesso limitata sia da regolamentazioni meno favorevoli che da fattori culturali, come la percezione di qualità da parte dei pazienti e la preferenza per i farmaci di marca. Paradossalmente – si legge – il ricorso alle cure equivalenti risulta meno diffuso nelle aree con un reddito pro-capite mediamente più basso, continuando ad essere privilegiato al Nord (39,8%), rispetto al Centro (29%) e al Sud (23,7%). Per acquistare farmaci 'brand off patent' – più costosi – invece che equivalenti, nel 2023 i cittadini italiani hanno versato di tasca propria oltre 1 miliardo di euro di differenziale di prezzo.E se i farmaci equivalenti scomparissero del tutto? Relativamente ai soli farmaci di classe A, ipotizzando che tutte le confezioni di farmaci equivalenti vendute nel 2023 lo fossero state ai prezzi dei brand off patent la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro. Dal 2012 ad oggi la cifra avrebbe raggiunto quota 6,250 miliardi di euro. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Farmaci, Egualia: “Equivalenti essenziali per patologie croniche complesse”
(Adnkronos) – In tema di acceso alle cure, i farmaci equivalenti non solo hanno abbassato i costi, ma hanno anche aumentato la produzione di terapie per malattie croniche e gravi. Gli equivalenti sono sempre più essenziali per la cura delle patologie croniche complesse: nel 2023 il 70% dei volumi dei farmaci oncologici e antidiabetici commercializzati in Europa sono medicinali equivalenti. E' quanto emerge dal report di Osservatorio Nomisma per Egualia 'Il sistema dei farmaci equivalenti in Italia 2024', presentato oggi a Roma. Relativamente alle carenze, negli ultimi 5 anni la mancanza di farmaci è diventata un problema crescente, con l'Italia particolarmente colpita. Quasi il 10% dei farmaci mancanti – evidenzia il report – non ha alternative terapeutiche disponibili, evidenziando la necessità di soluzioni strutturali. I farmaci equivalenti giocano un ruolo cruciale nel mitigare tale criticità, garantendo la disponibilità di alternative per l'80% dei farmaci a rischio. Le 45 imprese produttrici di farmaci equivalenti in Italia godono di buona salute: i loro ricavi medi sono saliti da 49 milioni di euro nel 2018 a 63 milioni di euro nel 2022, segnando una crescita del 29%. Parallelamente, l'occupazione media è aumentata, passando da 92 a 104 dipendenti. D'altro canto, le aziende produttrici di farmaci non equivalenti, pur vantando ricavi medi significativamente superiori rispetto alle prime, hanno sperimentato una crescita meno accentuata negli ultimi 5 anni. I loro ricavi medi, circa il doppio rispetto a quelli delle imprese di farmaci equivalenti, hanno registrato un incremento del 18%, inferiore di oltre 10 punti percentuali rispetto al tasso di crescita delle imprese produttrici di farmaci equivalenti. E' quanto emerge dal report di Osservatorio Nomisma per Egualia 'Il sistema dei farmaci equivalenti in Italia 2024', presentato oggi a Roma. L'analisi dell'andamento del numero medio di dipendenti nelle aziende farmaceutiche che non producono farmaci equivalenti – si legge – non evidenzia alcun segnale di crescita. Al contrario, si osserva una lieve contrazione negli ultimi 2 anni: il numero medio di dipendenti per azienda è infatti diminuito, passando da 161 nel 2020 a 158 sia nel 2021 che nel 2022, segnando una tendenza lievemente negativa nel periodo considerato. Dal 2009 al 2023, le vendite di farmaci equivalenti hanno registrato un aumento del 130% in termini di volumi e del 182% in termini di valore. Parallelamente, i farmaci ancora sotto brevetto hanno subito un drastico calo, con una riduzione delle vendite del 70% in termini di confezioni e del 69% a valore, determinando una perdita complessiva pari a 6,2 miliardi di euro.Queste dinamiche – si legge – hanno determinato una significativa ridefinizione delle quote di mercato: i farmaci coperti da brevetto, che nel 2009 rappresentavano il 49% delle confezioni vendute e il 70% delle vendite a valore, nel 2023 incidono solo per il 15% sui volumi complessivi e per il 28% sul valore totale delle vendite. Di conseguenza, i farmaci 'branded off patent' e gli equivalenti hanno visto un significativo aumento delle loro quote di mercato: i primi sono passati dal 38% al 53% in termini di volumi e dal 23% al 48% in valore; i secondi hanno incrementato il proprio peso dal 14% al 32% in volumi e dal 7% al 24% in valore. Non è tutto: in relazione al solo segmento dei farmaci off patent – evidenzia il documento – si è osservata una progressiva erosione delle quote di mercato detenute dai farmaci di marca a favore dei farmaci equivalenti. Rispetto al 2009, la presenza degli equivalenti è cresciuta di 11 punti percentuali nei consumi a volumi e di 12 punti percentuali in valore. Tale fenomeno deriva, da una parte, dalle progressive scadenze brevettuali nel tempo e, dall'altra, dal fatto che i cittadini stiano mano mano riconoscendo i farmaci equivalenti come valida alternativa ai farmaci di marca non più coperti da brevetto. Nonostante la diffusione dei farmaci equivalenti in Europa, in Italia il mercato degli equivalenti stenta ancora a ritagliarsi una significativa quota. La penetrazione degli equivalenti è spesso limitata sia da regolamentazioni meno favorevoli che da fattori culturali, come la percezione di qualità da parte dei pazienti e la preferenza per i farmaci di marca. Paradossalmente – si legge – il ricorso alle cure equivalenti risulta meno diffuso nelle aree con un reddito pro-capite mediamente più basso, continuando ad essere privilegiato al Nord (39,8%), rispetto al Centro (29%) e al Sud (23,7%). Per acquistare farmaci 'brand off patent' – più costosi – invece che equivalenti, nel 2023 i cittadini italiani hanno versato di tasca propria oltre 1 miliardo di euro di differenziale di prezzo.E se i farmaci equivalenti scomparissero del tutto? Relativamente ai soli farmaci di classe A, ipotizzando che tutte le confezioni di farmaci equivalenti vendute nel 2023 lo fossero state ai prezzi dei brand off patent la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro. Dal 2012 ad oggi la cifra avrebbe raggiunto quota 6,250 miliardi di euro. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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