(Adnkronos) – Si è celebrata in Argentina la Giornata nazionale della sovranità, "concetto non negoziabile", si legge sul profilo X di Casa Rosada, la sede del governo argentino guidata dal 'turbo-liberista' Javier Milei. Che sceglie di onorare la ricorrenza accogliendo la premier italiana Giorgia Meloni, vista anche martedì sera a cena nella residenza di Olivos, a Buenos Aires, entrambi di rientro dal G20 a Rio de Janeiro, summit terremotato proprio dalle intemperanze del presidente argentino. Tra i due leader l'intesa è palpabile, si percepisce già all'arrivo della presidente del Consiglio italiana nello storico edificio tinto di rosa con affaccio su Plaza de Mayo: ad accoglierla l'inseparabile sorella di Milei, Karina, con cui Meloni scherza e sorride guardandosi attorno e ammirando l'edificio intriso di storia; poi subito dopo travolta dall'entusiasmo del presidente argentino, che la stringe in un abbraccio sussurrandole qualcosa all'orecchio mentre lei ride divertita. Prima del bilaterale, i due leader si affacciano dalla suggestiva balconata di Casa Rosada, resa famosa da Evita Peron che da lì infiammava il suo popolo, i 'cari descamisados', e salutano la folla con gesti di esultanza. "Giorgia, questa è casa tua", dirà poco dopo Milei a Meloni, nelle dichiarazioni congiunte alla stampa dove rilancia, con più forza, l'idea di un asse che "non coinvolga solo l'Italia" e che difenda l'Occidente "dalle tenebre che l'avvolgono", in una sorta di 'Internazionale sovranista', come in molti hanno già apostrofato l'alleanza.
Si tratta dell'asse asimmetrico a cui Milei aveva già accennato da Mar-a-Lago, dove il leader argentino era accorso, entusiasta, per festeggiare la vittoria di Donald Trump. Un asse che, a suo dire, dovrebbe reggere su quattro pilastri: oltre al suo Paese e agli Usa del tycoon, l'Italia di Giorgia Meloni e Israele di Benjamin Netanyahu. "Paesi del mondo libero -afferma Milei con Meloni al suo fianco -, che condividono i nostri valori. Un'alleanza di nazioni libere, unite contro tirannia e miseria. Perché oggi l'Occidente è avvolto da un manto di oscurità e esige che quelli di noi che difendono la libertà – anche se siamo ancora pochi – facciano luce e indichino la strada. Perché come dico sempre: la vittoria della guerra non dipende dal numero dei soldati, ma dalle forze che vengono dal cielo".
Milei snocciola i temi su cui l'alleanza dovrà forgiarsi, tra questi la "difesa del libero mercato", l'assenza "di clemenza verso i delinquenti", la "difesa della famiglia", la lotta all'immigrazione clandestina. Meloni al suo fianco, vestita di bianco, annuisce e sorride. "L'amore per la libertà è un sentimento, caro Javier, che ci accomuna da sempre", dice, ricordando l'identità di vedute sulla guerra in Ucraina, sul conflitto in Medio Oriente, sulla crisi del Venezuela di Maduro, rispetto al quale "è nostro dovere alzare la voce". Ad unirla a Milei, spiega dunque Meloni, "la condivisione politica" di coloro che si "battono per difendere l'identità dell'Occidente, i punti cardine della sua civiltà, la libertà e l'uguaglianza delle persone, la democraticità dei sistemi, la sovranità delle nazioni. C'è molto più qui di una comune cooperazione tra nazioni, c'è la consapevolezza di vivere in un tempo difficile, la responsabilità che quel tempo difficile impone, cioè la forza delle idee, il coraggio che serve per difendere quelle idee". Ricorrendo all'empatia, Meloni pesca anche dal suo spagnolo -una lingua che governa- e definisce Italia e l'Argentina nazioni 'hermanas' che "hanno ancora molto da fare insieme: sono felice di percorrere questo cammino con Javier". Un cammino che, illustra, passa anche da un piano d'azione "Italia-Argentina 2025-2030", da "scrivere insieme", "che individui i settori principali della collaborazione bilaterale su cui concentrare i nostri sforzi e le nostre energie". Tra questi anche il contrasto al crimine organizzato e, naturalmente, la sfera dei rapporti economici e commerciali da rilanciare: "anche qui il potenziale di crescita è straordinario – si dice convinta Meloni – anche grazie alle oltre 300 imprese italiane che sono attive nella nazione, che impiegano più di 16.000 lavoratori, che generano un giro d'affari di quasi 3 miliardi di euro. Da questo punto di vista, le politiche molto coraggiose di liberalizzazione del mercato e di sostegno degli investimenti che il Presidente Milei sta portando avanti possono aprire, dal nostro punto di vista, nuove opportunità e essere un ulteriore incentivo per accrescere la presenza italiana come intendiamo fare". Sul solco "di due popoli fratelli", in una nazione in cui l'Italia conta "la sua più grande comunità all'estero: parliamo di oltre un milione di italiani e di circa 20 milioni di italo-discendenti che vivono oggi in Argentina". Numeri che rendono ancor più solenne l'onorificenza che la presidente del Consiglio riceverà tra un paio d'ore, quando a Roma sarà già tarda sera: per lei le chiavi di Buenos Aires dal sindaco della città Jorge Macri, un argentino di 'seconda generazione', anche lui, nemmeno a dirlo, nato in Italia e arrivato in Argentina da bambino. —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Meloni in Argentina, Milei spinge ‘asse sovranista’. La premier: “Insieme per Occidente”
(Adnkronos) – Si è celebrata in Argentina la Giornata nazionale della sovranità, "concetto non negoziabile", si legge sul profilo X di Casa Rosada, la sede del governo argentino guidata dal 'turbo-liberista' Javier Milei. Che sceglie di onorare la ricorrenza accogliendo la premier italiana Giorgia Meloni, vista anche martedì sera a cena nella residenza di Olivos, a Buenos Aires, entrambi di rientro dal G20 a Rio de Janeiro, summit terremotato proprio dalle intemperanze del presidente argentino. Tra i due leader l'intesa è palpabile, si percepisce già all'arrivo della presidente del Consiglio italiana nello storico edificio tinto di rosa con affaccio su Plaza de Mayo: ad accoglierla l'inseparabile sorella di Milei, Karina, con cui Meloni scherza e sorride guardandosi attorno e ammirando l'edificio intriso di storia; poi subito dopo travolta dall'entusiasmo del presidente argentino, che la stringe in un abbraccio sussurrandole qualcosa all'orecchio mentre lei ride divertita. Prima del bilaterale, i due leader si affacciano dalla suggestiva balconata di Casa Rosada, resa famosa da Evita Peron che da lì infiammava il suo popolo, i 'cari descamisados', e salutano la folla con gesti di esultanza. "Giorgia, questa è casa tua", dirà poco dopo Milei a Meloni, nelle dichiarazioni congiunte alla stampa dove rilancia, con più forza, l'idea di un asse che "non coinvolga solo l'Italia" e che difenda l'Occidente "dalle tenebre che l'avvolgono", in una sorta di 'Internazionale sovranista', come in molti hanno già apostrofato l'alleanza.
Si tratta dell'asse asimmetrico a cui Milei aveva già accennato da Mar-a-Lago, dove il leader argentino era accorso, entusiasta, per festeggiare la vittoria di Donald Trump. Un asse che, a suo dire, dovrebbe reggere su quattro pilastri: oltre al suo Paese e agli Usa del tycoon, l'Italia di Giorgia Meloni e Israele di Benjamin Netanyahu. "Paesi del mondo libero -afferma Milei con Meloni al suo fianco -, che condividono i nostri valori. Un'alleanza di nazioni libere, unite contro tirannia e miseria. Perché oggi l'Occidente è avvolto da un manto di oscurità e esige che quelli di noi che difendono la libertà – anche se siamo ancora pochi – facciano luce e indichino la strada. Perché come dico sempre: la vittoria della guerra non dipende dal numero dei soldati, ma dalle forze che vengono dal cielo".
Milei snocciola i temi su cui l'alleanza dovrà forgiarsi, tra questi la "difesa del libero mercato", l'assenza "di clemenza verso i delinquenti", la "difesa della famiglia", la lotta all'immigrazione clandestina. Meloni al suo fianco, vestita di bianco, annuisce e sorride. "L'amore per la libertà è un sentimento, caro Javier, che ci accomuna da sempre", dice, ricordando l'identità di vedute sulla guerra in Ucraina, sul conflitto in Medio Oriente, sulla crisi del Venezuela di Maduro, rispetto al quale "è nostro dovere alzare la voce". Ad unirla a Milei, spiega dunque Meloni, "la condivisione politica" di coloro che si "battono per difendere l'identità dell'Occidente, i punti cardine della sua civiltà, la libertà e l'uguaglianza delle persone, la democraticità dei sistemi, la sovranità delle nazioni. C'è molto più qui di una comune cooperazione tra nazioni, c'è la consapevolezza di vivere in un tempo difficile, la responsabilità che quel tempo difficile impone, cioè la forza delle idee, il coraggio che serve per difendere quelle idee". Ricorrendo all'empatia, Meloni pesca anche dal suo spagnolo -una lingua che governa- e definisce Italia e l'Argentina nazioni 'hermanas' che "hanno ancora molto da fare insieme: sono felice di percorrere questo cammino con Javier". Un cammino che, illustra, passa anche da un piano d'azione "Italia-Argentina 2025-2030", da "scrivere insieme", "che individui i settori principali della collaborazione bilaterale su cui concentrare i nostri sforzi e le nostre energie". Tra questi anche il contrasto al crimine organizzato e, naturalmente, la sfera dei rapporti economici e commerciali da rilanciare: "anche qui il potenziale di crescita è straordinario – si dice convinta Meloni – anche grazie alle oltre 300 imprese italiane che sono attive nella nazione, che impiegano più di 16.000 lavoratori, che generano un giro d'affari di quasi 3 miliardi di euro. Da questo punto di vista, le politiche molto coraggiose di liberalizzazione del mercato e di sostegno degli investimenti che il Presidente Milei sta portando avanti possono aprire, dal nostro punto di vista, nuove opportunità e essere un ulteriore incentivo per accrescere la presenza italiana come intendiamo fare". Sul solco "di due popoli fratelli", in una nazione in cui l'Italia conta "la sua più grande comunità all'estero: parliamo di oltre un milione di italiani e di circa 20 milioni di italo-discendenti che vivono oggi in Argentina". Numeri che rendono ancor più solenne l'onorificenza che la presidente del Consiglio riceverà tra un paio d'ore, quando a Roma sarà già tarda sera: per lei le chiavi di Buenos Aires dal sindaco della città Jorge Macri, un argentino di 'seconda generazione', anche lui, nemmeno a dirlo, nato in Italia e arrivato in Argentina da bambino. —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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